L’obesità di sviluppo è l’espressione disturbata di una relazione oggettuale madre-bambino che non facilita il processo di separazione e differenziazione.
Si presuppone che la madre, non tollerando che il figlio elabori per proprio conto la sensazione della fame e che esprima desideri autonomi, imponga il suo ritmo alimentare, rimpinzandolo senza che lui manifesti il desiderio di essere nutrito: il bambino acquisisce in maniera distorta il principio della fame e della sazietà e percepisce il cibo come un valore rassicurante dei propri problemi in maniera esagerata.
L’obesità è un sintomo di sofferenza e solo un’indagine psicologica può valutare le cause individuali di insorgenza del comportamento iperfagico e che tipo di funzione svolga tale sintomatologia nell’economia psichica della personalità.
Riempire un vuoto interiore
Bisogna sfatare dei pregiudizi in cui l’iperfagia procuri una gratificazione perché, in realtà, il paziente obeso si abbandona al sintomo compulsivo di mangiare senza provare “né fame, né piacere, né sazietà”, ha solo bisogno di riempire “un vuoto interiore”.
Infatti alcuni studi sostengono che l’individuo obeso sviluppi una vera e propria dipendenza da cibo, per molti aspetti simile ad altri tipi di dipendenza come ad esempio l’alcoolismo o la dipendenza da droghe.
LO STUDIO SI TROVA A MONTEVERDE VECCHIO IN VIA ALESSANDRO POERIO, 76 A ROMA