La cicogna non arriva: si è dimenticata di me?
Quando dal personale medico viene pronunciata la parola “infertilità-sterilità”, intesa come incapacità a procreare, per la coppia è come una doccia fredda: non si aspettava tale diagnosi dopo un anno di rapporti continui senza protezione.
La coppia si lascia sopraffare da sentimenti di rabbia angoscia e depressione perché diamo per scontato che la vita che ci è stata data ci aspettiamo di poterla moltiplicare.
Quando parliamo di infertilità, il problema il più delle volte è risolvibile ed è legato ad uno o più fattori che interferiscono con la fertilità. Al contrario nella sterilità, in cui dopo vari accertamenti si rivela che uno o tutte e due i componenti della coppia vivono una condizione fisica permanente, che non rende possibile il concepimento.
Questo è un momento molto delicato e stressante nel vissuto della coppia, che dovrà affrontare i tentavi falliti, le analisi cliniche e tutto ciò che ne consegue, con la perdita di un progetto. Tale diagnosi viene percepita come un lutto, perché di lutto si tratta, la coppia deve elaborare la perdita di un sogno di un progetto e quindi rivedere anche il loro rapporto.
Risolvere il problema dell’infertilità è un percorso molto difficile e complicato, sia a livello medico che psicologico, che metterà alla prova i componenti della coppia: per la donna forse è più facile affrontare il problema, per l’uomo è più complicato mettere in discussione la sua fertilità uguale virilità. Il più delle volte non riescono a sopportare tale stress e potrebbe succedere che la coppia si potrebbe sciogliere.
Quando si desidera un figlio, specialmente la donna già prima di sapere se riesce ad esaudire il suo desiderio lo fantastica, quindi nel venire a conoscenza della sua infertilità deve cambiare prospettiva e fare i conti con i suoi progetti infranti e con la solitudine ed il suo vuoto.
Nel corso degli ultimi anni si è registrato una drastica riduzione delle nascite, per cause legate sia a fattori economici, sociali e molti modelli culturali, ma anche perché in questi ultimi trenta anni si è riscontrata che l’infertilità maschile si è raddoppiata. I maschi sono dei grandi “immaturi”, come dice il grande scrittore Philip Roth che è uno dei pochi a scandagliare la psiche maschile, sono maestri dell’arte della rimozione e della negazione della malattia.
L’uomo solo quando decide di formare una famiglia e si desidera dei figli scopre che il responsabile dell’infertilità nella coppia non è solo la donna, come si è portati a pensare d’impulso, oggi come nel nel passato, invece le cause nella difficoltà ad avere figli, sempre più spesso è causata dalla fertilità maschile.
Eppure in molti casi garantirla e preservarla sarebbe relativamente facile: basterebbe sottoporre i ragazzi ad un visita preventiva, nell’infanzia ed adolescenza, e a non mettere in atto nell’adulto stili di vita sbagliati come fumo (molto spesso sottovalutato), sostanze stupefacenti (tra cui l’uso abituale di marijuana), alcool ed infezioni per rapporti non protetti.
I giovani non pensano che un giorno potrebbero desiderare la paternità, infatti l’andrologo per l’uomo è una figura a cui difficilmente si ricorre, ma si pensa subito di far effettuare una visita alla donna da un ginecologo. Nel momento in cui la coppia scopre di avere delle difficoltà nel generare un figlio, si pensa subito di ricorrere ad una procedura di procreazione assistita (PMA) e una su quattro salta la visita da un andrologo mentre il problema si potrebbe risolvere con metodi meno complicati e meno costosi.
Si cerca una scorciatoia più veloce per arrivare allo scopo, è un errata convinzione: ci si accanisce sulla donna mentre l’uomo è nella maggior parte dei casi il grande assente, il figlio si fa in due quindi entrambi i partner si debbano prendere carico sia nella pratica che psicologicamente.
Il PMA si mette in atto solo quando ci sono delle certezza nella sterilità maschile o femminile, l’obbiettivo sarebbe più prevenzione e risolvere il problema con la “procreazione naturalmente assistita”. Per la donna il parametro è molto importante, e più si va avanti negli anni meno c’è la probabilità di concepire. L’età ottimale è a 20-25 anni, e dopo i 40 anni la possibilità del concepimento è molto bassa, per l’uomo decresce nel tempo ma tende a rimanere stabile e può procreare fino a 80 anni.
Uno dei fattori studiati fin dal 1930 oltre che di natura organica più facilmente identificabile, sono ora soprattutto i “fattori psicogeni” che sono legati a conflitti psicologici, emozionali e psicosociali.
Ciò che emerso dalle ultime ricerche, sulle problematiche psicologiche della coppia, è il modo come vivono il desiderio alla genitorialità, al desiderio che li unisce e alla paura del futuro. Infatti, oltre che il supporto psicologico alla coppia si cerca di seguirli anche separatamente, perché non vivono il problema nella stessa maniera e quindi il problema va trattato in maniera diversa.
Quindi possiamo dire che sia il responso di infertilità che di sterilità fa emergere uno stato ansiogeno, e questo stadio porta tanto stress: infatti, l’endocrinologo constata che tale stato agisce proprio sulla fertilità, causando irregolarità nel ciclo mestruale, nell’ovulazione e nell’impianto dell’ovulo.
Il primo passo è di non sentirsi sterile ed inutile per la donna e per l’uomo cadere nella trappola di confondere l’infertilità con l’impotenza: la donna si sente circondata da donne incinte e non ha voglia di guardarle e frequentarle, oppure non ama prendere in braccio i bimbi delle amiche. Tutto ciò è sbagliato perché lasciarsi andare alla tenerezza ai sentimenti buoni può fare bene all’anima e può rimettere a posto gli ormoni.
Come potrebbe essere sbagliato avere rapporto solo nei giorni fecondi “a comando”, perché diminuisce la fecondazione e meno si hanno rapporti e meno c’è la produzioni di spermatozoi e quindi i periodi di astinenza creano ancora più problemi nel procreare.
La sterilità è una “malattia dei sentimenti” e non bisogna pensare solo al corpo ma anche all’anima cercare di aiutarsi con tutto, con rimedi naturali con l’omeopatia e con un supporto psicologico sia individuale che una terapia di coppia.
In conclusione possiamo dire che l’emozioni non accettate si scaricano sul corpo. Tali emozioni creano blocchi fisici ed emotivi attraverso i centri del cervello, che, pur restando inconsci, influenzano la fertilità. Il più delle volte quando la coppia smette di percepirsi una coppia sterile non pensa più alle problematiche dell’infertilità o adotta un bimbo: è il momento che senza aspettarselo si diventa una coppia prolifica e si riesce ad avere un concepimento naturale.