Lo psichiatra Wilhelm Reich, era un uomo animato da una continua aspirazione alla conoscenza e sempre teso a cogliere il significato profondo degli eventi umani. Se vogliamo comprendere il suo pensiero non bisogna dimenticare che egli nasce come psicanalista; infatti nel 1924, a soli 27 anni, Freud gli affidò la direzione dei seminari didattici.
Reich cominciò ad osservare attentamente non soltanto cosa veniva comunicato ma “come”. Il paziente si difende col suo comportamento: quindi il carattere funziona come resistenza. Sono resistenze il tono della voce, i gesti, il modo di sorridere, l’intercalare, e così via.
L’analisi del carattere segna un salto di qualità nel percorso analitico e nella concezione dell’uomo per i seguenti motivi: perché introduce il corpo nel setting, l’identità funzionale fra psiche e soma, e perché getta le basi della visione sistemica dell’individuo.
Quindi, osservando il “come” del paziente, si comincia a guardare il corpo. Il corpo dunque entra di diritto nel setting, diventa soggetto, entra nella sfera dell’io, è linguaggio, emozione ed espressione.
Reich definisce carattere un sistema organizzato, costituito dall’insieme delle difese narcisistiche, nel quale corpo, emozioni e funzioni cognitive sono strettamente intrecciati. Con l’analisi del carattere esaminò attentamente come si formava la personalità e soprattutto come si strutturavano le resistenze del paziente che spesso impediscono all’analista di procedere nella terapia.
Egli osservò con cura, non solo le comunicazioni verbali dei pazienti ma anche i loro atteggiamenti e la postura, rendendosi conto che le difese si strutturano nel corpo stesso. Questa fu una vera rivoluzione, perché nella psicoanalisi il corpo era quasi del tutto ignorato, Reich scoprì che le emozioni si imprigionano nella muscolatura creando una corazza di contrazioni e di blocchi e intervenendo sulle contrazioni muscolari, si favorisce l’abreazione.
Reich perciò intervenne direttamente sul corpo, con una serie di “actings”, consentendo al paziente di prendere contatto con le sue emozioni ed esprimerle liberamente.
Con la Vegetoterapia, Reich getta le basi di quelle che saranno le numerose psicoterapie corporee degli ultimi anni. Già negli anni ’30 egli diede molto risalto all’importanza della respirazione, studiando in maniera specifica i vari modi in cui il diaframma si “congela”, riducendo il tono vitale e consentendo la repressione delle emozioni. Sappiamo benissimo quanto l’arte del respiro, nello yoga e in molte altre discipline antiche, abbia un posto preminente tra gli strumenti della coscienza.
La respirazione è la funzione vitale per eccellenza ed è per questo che modificare il respiro produce modificazione profonde nel modo di sentire se stessi e ciò che entra in relazione con sé.
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