In psicologia clinica, l’ipocondria è caratterizzata dall’interpretazione erronea di segni e sintomi fisici come segnali di una grave patologia, senza che un’accurata valutazione medica abbia motivi sufficienti per giustificare questi timori. Il termine Ipocondria deriva dal greco, in epoca antica indicava un disturbo che si riteneva essere localizzato nella fascia addominale.
Nel 1896 Emil Kraepelin fece un interessante distinzione:
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Hypochondria cum materia: con disturbi reali ma sopravvalutati;
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Hypochondria sine materia: senza nessuna base oggettiva.
Oggi sul DSM 5, è definita come un interpretazione erronea di segni e sintomi fisici come segnali di una grave patologia, senza che un adeguata valutazione medica giustifichi tali timori. Comunque i criteri diagnostici hanno virato sempre più verso una “descrizioni psicologica” del disturbo ipocondriaco e si va verso la “demedicalizzazione” dell’ipocondria e se ne riconosce la reale sofferenza, il soggetto è dominato dalla paura e dall’ansia per la salute.
Insorgenza della malattia
Inizia nell’età adulta ma il decorso è cronico, inoltre molte volte si potrebbe verificare una completa remissione. Possiamo definire un paziente ipocondriaco se continua a male interpretare alcune sensazioni corporee, nonostante abbia ricevuto rassicurazioni mediche pertinenti, valide e ben fondate e abbia la capacità intellettiva per poter compiere le opportune riflessioni da tale informazioni.
Possiamo riconoscere l’ipocondriaco quando il soggetto ha una preoccupazione per determinati sintomi come battito cardiaco un po’ accelerato, una respirazione con affanno, piccole ferite o una sporadica allergia, il soggetto attribuisce a tali segnali dei significati esagerati, come se fosse una malattia grave o un organo gravemente ammalato.
L’uomo ha paura di ammalarsi, di soffrire e di morire e nonostante terapie diagnostiche e cure, che ancora non sono molto efficaci nei confronti di malattie gravi, quindi molte volte si passa l’illusione che una volta fatta la diagnosi con una giusta terapia si guarirà.
Il soggetto con l’ansia di ammalarsi continuerà a fare analisi cliniche solo per sfatare dubbi e timori rispetto alla propria salute, anche quando non sono necessarie, sovraccaricando il Sistema Sanitario Nazionale di richieste non necessarie e, di conseguenza, crea un enorme dispendio di risorse economiche, quando tali risorse potrebbero essere impiegate nella ricerca per malattie dove ancora non si conosce la cura.
Il soggetto più viene rassicurato e più diventa insicuro e cerca sempre nuove rassicurazioni, realizzando il quadro clinico dell’ipocondria, che in questi ultimi decenni è molto aumentata, trasformandosi in un epidemia psicologica. Questo perché l’ipocondriaco, vivendo questa idea continua di essere ammalato, si stressa talmente tanto che finisce per ammalarsi veramente.
Recuperare il contatto con il corpo
Importante è sapere che l’ansia per la salute è una reazione normale a una malattia grave e non va certo considerata un disturbo mentale, la paura delle malattie ci fa vivere male crea una grande sofferenza, è un disturbo psicologico che limita la sfera personale familiare e lavorativa.
Se il soggetto sente parlare di una malattia già sente di averla: lui si sente fragile, vulnerabile, triste e debole, è un perfezionista, scrupoloso e insicuro, nella sua infanzia ha avuto una figura d’attaccamento che rispecchia questa immagine di debolezza ed anche figure presenti nella sua vita da adulto che rispecchiano la figura d’attaccamento.
Per la medicina tradizionale meccanicista, l’ansia per la salute mentale non deve esistere, screditando i problemi ipocondriaci, definendoli problemi immaginari.
Precursore e risolutore di tale contraddizione fu lo stesso Molière, la cui famosissima farsa fu “ Il malato immaginario”, nel 1673 fu una feroce critica socio-culturale rivolta ad entrambi i protagonisti del problema: il malato esageratamente preoccupato per il proprio disagio ed il medico incompetente che non comprende il disagio. Egli fu subito in grado di cogliere l’essenza del problema e propose un rimedio terapeutico al suo soffrire, alla fine della commedia Argante si trasforma egli stesso in medico, per superare l’ipocondria.
Il compito dello psicologo è quello di aiutare il paziente a recuperare il contatto diretto con il proprio corpo, sconfiggere la paura è riportare l’ansia in un confine gestibile e non più patologica, superare la malattia e convivere con l’idea della morte, anche se non si può resuscitare.
Lo psicologo deve innescare dei trattamenti terapeutici con delle caratteristiche a secondo di ciò che porta il paziente, cercando di farlo uscire dal circolo vizioso della paura delle malattie, insegnare al paziente come riconoscere i messaggi che il nostro corpo ci invia e sugli stili di vita opportuni per raggiungere e mantenere il benessere psicofisico.
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