Insegnanti che picchiano allievi, infermieri che maltrattano i malati: si è letto molto sui giornali di queste storie, e forse si è pensato che i protagonisti siano “impazziti”.
Molto spesso la causa è un malessere profondo che colpisce le “professioni d’aiuto” (helping professions). Dietro di loro si nasconde, e neanche tanto, il burn out: “un logorio professionale”. Chi svolge una professione a stretto contatto con il pubblico diventa incapace, a un certo punto, di gestire i ritmi e il carico emotivo che deriva dall’aiutare gli altri, come fisioterapisti, infermieri, medici ed insegnanti.
Ciò può portare dapprima ad un’apatia verso il lavoro, stanchezza, poi potrebbe arrivare la depressione e gli attacchi di panico ed in seguito l’errore professionale, per non parlare dei rischi di patologie gravi.
Questi professionisti percepiscono delle sensazioni di morte che portano attaccate addosso e che per il proprio lavoro è controproducente, perché in certi lavori, come il fisioterapista, il contatto fisico con il paziente è continuo e quest’ultimo si deve fidare. Spesso questi professionisti sentono di essere disinteressati, cinici e percepiscono di trattare male i pazienti.
Stress o burn out?
Prima di tutto bisogna farsi delle domande fondamentali: “Sono contento della vita che faccio? Quanto dormo la notte? Ho del tempo libero per me?”.
Un campanello dall’allarme è quando si litiga di continuo con i colleghi, si fanno molte assenze, ci si sente risentiti, falliti ed in colpa. E poi i segnali fisici, tensione muscolare, cefalee muscolo-tensive, disturbi gastro-intestinali, vertigini, tachicardia e stanchezza cronica. Il più delle volte si pensa che è un periodo e che passerà, altri pensano di tamponare tali disturbi con medicine, droghe e alcol diventandone così dipendenti.
Altro mestiere ad alta usura psicofisica è quello dell’insegnante.
Il docente incontra tutti i giorni la stessa utenza composta da allievi figli della generazione del 68, che raramente si sono sentiti dire di no, così l’insegnante si deve sostituire alla famiglia come educatore. Dopo molti anni di questo stress, il docente spesso non riesce più ad essere tranquillo nell’esercitare la propria professione, cominciando ad avere paura del gruppo esagitato, ad avere degli attacchi di panico. Spesso si riduce a prendere dei farmaci e il più delle volte chiede il pensionamento per inidoneità permanente all’insegnamento.
Il Ministero della Pubblica Istruzione si deve occupare seriamente del problema e fondamentale è la formazione, prevenzione e condivisione ed è soprattutto importante riconoscere in tempo tali insegnanti così detti “scoppiati”, perché curati da subito nella maniera giusta possono guarire e ritornare ad insegnare.
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